A proposito di stile e genere letterario

In fiction, c’è un argomento che viene prima degli altri. I latini, fini oratori e molto precisi dal punto di vista dello stile, la vedevano così: rem tene, verba sequentur. Ovvero, conosci il tuo tema, le parole seguiranno. Per uno scrittore, significa avere pensato prima al genere dello stile?  In sostanza, sì. Certo, sappiamo tutti bene che scrivere è anche esplorare e conoscersi, quindi è una ricerca che si fa con il tempo; tuttavia se ho collocato bene la mia opera all’interno di una categoria, mi sarà più facile trovare lo stile per raccontarla.  

Prendiamo per esempio il noir o il giallo. Sono storie che seguono una trama ben precisa, dove ciò che conta è l’esattezza. Mi trovo infatti all’interno di una narrazione che gioca molto sulla logica e le capacità deduttive di un protagonista (un detective più o meno ufficiale); il mio stile di scrittura dovrà richiamare una visione esatta delle cose, non sarà indispensabile una penetrazione psicologica ma al contrario conterà preservare il mistero. Uno stile asciutto, preciso ma che rispetti le esigenze del genere, sarà preferibile a una narrazione ariosa e complessa, ricca di sfumature psicologiche.

Quanto conta per lo scrittore definire innanzitutto il genere? Tanto, perché questa è la prima domanda che si fanno gli editori ma anche i lettori. Un editore ha bisogno di capire su che cavallo sta puntando. Potrebbe non essere interessato a qualcuno che non abbia risolto con chiarezza  il dilemma del genere. Il lettore, dal canto suo, non può farsi un’idea del libro soltanto dalla copertina o leggendo la prefazione; perciò, anche in questo caso è il genere a parlare.

Lo stile ha molto a che fare con il come decidiamo di raccontare le cose, e solo apparentemente ha una funzione secondaria. Di sicuro però, quel che si può dire, è che non si tratta di un elemento isolato. Lo definisco in base al mio tema. Nel corso dello scorso secolo la prosa si è fatta sempre più asciutta, tanto che in vario modo, lo stile più in voga oggi lo si potrebbe definire minimalista.

Nell’Ottocento, era normale per Victor Hugo o Charles Dickens soffermarsi una pagina sulla descrizione di un personaggio. Niente era casuale e tutto era voluto; quella pagina serviva a rendere il personaggio, ma se vogliamo si trattava si un espediente di teatro: come a teatro, si dava la possibilità al lettore di vedere il personaggio, attraverso l’immaginazione e con una grande abbondanza di parole, perché il genere di queste narrazioni era barocco e sincretico: riassumeva teatro, racconto storico, dramma, lirica, ecc.    

Rem tene, verba sequentur. Dal cinema in poi tutto è cambiato, e i sentieri della letteratura si sono fatti più sintetici anche e soprattutto nello stile. Da Hemingway in poi so che posso lavorare per sottrazione con le parole, che perfino le ripetizioni sono utili, che non sempre il lettore ha bisogno di un narratore che lo prenda per mano ma può accontentarsi di una visione cinematografica delle cose, in cui il driver della narrazione è costituito dalle immagini. Questione di stile, appunto.   

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3 Thoughts

  1. Quando scrivo un racconto prima lo progetto,poi scelgo i personaggi e in base al. Contenuto scelgo il genere, adatto il linguaggio,poi penso di ambientarlo .lo stile dipende dal tema.

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