Sappiamo che in un Romanzo o un racconto è fondamentale la scelta del punto di vista: chi è a raccontare una storia? Un narratore esterno oppure il protagonista? O qualcuno che ha un ruolo nella vicenda?
Dietro questa risposta, non così scontata, abbiamo la scelta che l’Autore fa riguardo al Narratore. Si tratta di una scelta molto importante.
Prima di farla occorrerebbe svolgere qualche riflessione. E’ ben chiaro, inoltre, che stiamo parlando di fiction, cioè di storie che sono frutto dell’invenzione e del nostro ingegno. Ne consegue che la scelta deve essere fatta da noi, e può portare a diverse conseguenze.
Se scelgo di raccontare una vicenda attraverso un narratore interno potrei aver dato rilevanza, per esempio, a questo aspetto:
1) sto creando un racconto di suspense, in cui sarà il protagonista a vivere delle vicende e mi interessa dare grande rilevanza al suo ruolo. Tengo particolarmente all’identificazione del lettore con il mio personaggio, al punto che desidero che veda il mondo con i suoi occhi.
Pro di questa scelta: il ragionamento è tutt’altro che scontato o banale. Porsi il problema dell’identificazione psicologica del fruitore con una vicenda che gli viene trasmessa (da un racconto orale, un racconto scritto, un opera di teatro, o da un film) è un aspetto non marginale dell’azione narrativa. Potremo, al contrario, affermare che ne è un aspetto decisivo. Quante volte un’opera non ci piace proprio perché non riusciamo a identificarci con nessuno dei suoi personaggi?
Mi sento di aggiungere che vedere tutto con gli occhi del protagonista è uno stratagemma di sicuro impatto, e forse la prima scelta che uno scrittore dovrebbe vagliare. Se essa risulta “fattibile”, può adottarla senza preoccupazione; può dare delle sicure soddisfazioni.
Contro di questa scelta: Quand’è che l’opzione di raccontare con il punto di vista di un personaggio o del protagonista non è funzionale, o rischia di creare dei seri problemi alla struttura del racconto? Risposta: quando è complesso e arduo, per via della vicenda stessa, seguire questa strada. Facciamo un esempio: Il visconte dimezzato di Italo Calvino e Lo strano caso del Dott. Jekill e di Mr. Hyde di Robert Luis Stevenson.
In entrambe le storie avremmo delle difficoltà oggettive a svolgere la narrazione, e a riferirne al lettore, scegliendo il punto di vista del personaggio principale. Egli infatti si dividerà in una metà buona e una metà cattiva, perciò la scelta più saggia è quella di raccontare dall’esterno la sua vicenda.
Non che non sarebbe fare diversamente, ma è evidente la difficoltà seguire il filo unitario della vicenda prendendo per buono l’angolo visuale di un protagonista che subisce una simile trasformazione (è in atto, come detto, un ragionamento sulla disponibilità del lettore a identificarsi.)
Condizionamenti derivanti da questa scelta: un narratore interno mi richiede di raccontare seguendo la logica e il punto di vista dell’io narrante. Adso da Melk racconta ormai da anziano (tempo del discorso n°1) le vicende a cui assistette in gioventù (tempo del discorso n°2), e lo fa rievocando con ordine le vicende, in parte storiche in parte personali, che ebbe la ventura di vivere, nell’arco di una settimana, in una misteriosa abbazia del Nord Italia. Non può riferire, se non con un artificio (glielo deve raccontare qualcuno) ciò che non visse direttamente. Questa è una limitazione del punto di vista di Adso da Melk che andrà saputo rispettare.
Hai quasi finito il tuo libro e cerchi un parere o un aiuto per la Pubblicazione? Contattaci Subito.
One thought