La figura dell’eroe ricorre in tutte le letterature del mondo, e ha caratteri classici e altri che trovano una maggiore personalizzazione a seconda del genere e del tipo di Romanzo. Il tipo di eroe e di protagonista di una storia di cui vi parliamo in quest’articolo è quello che si trova nei Miserabili di Victor Hugo, e risponde al nome di Jean Valjean.
I personaggi di Victor Hugo sono tratteggiati con forza, netti e grandiosi. Se il romanzo dei Miserabili ha acquistato tanta fama ed è divenuto un classico, è anche per l’indubbia forza emotiva dei suoi personaggi. Fu Dostoevskij a paragonare Hugo a Omero, e in effetti se il parallelismo può reggere è proprio per il tratto epico della storia, aspetto che si estende alla natura dei suoi personaggi.
All’inizio della storia Jean Valjean non è altro che un forzato in fuga, in cerca di una locanda dove pernottare per la notte ed è circondato dalla più tenace diffidenza. Chi lo riconosce se lo addita, capisce che si tratta di un evaso. L’arco di trasformazione che il personaggio di Jean Valjean affronta nel corso del Romanzo è profondissimo, e passa perfino, a metà libro, attraverso cambiamenti di identità alla Dumas. Ma la vera “rivelazione”, il vero conflitto questo personaggio ce lo rivela all’inizio del libro e dopo aver incontrato Monsignor Benvenuto, che gli farà capire davvero cos’è la bontà, perdonandogli il furto di alcuni candelabri d’argento davanti alla pubblica forza che vorrebbe arrestarlo.
E’ curiosa la sovrapposizione di valori, il contagio positivo che avviene tra Monsignor Benvenuto e Jean Valjean. Buona parte del Romanzo la passiamo a chiederci se sia una conversione, quella operata dalla figura religiosa sul forzato, che arriva a illuminarne così profondamente la coscienza. E certo è la coscienza a porre Jean Valjean su un piano diverso rispetto ai tanti personaggi del libro: egli non è qualcuno in cerca della propria felicità personale, o di un proprio utile, non è neppure come – come nel quasi coevo I misteri di Parigi di Eugene Sue – un semplice buono che agisce cercando di riparare i torti dei cattivi; piuttosto è un uomo illuminato da Dio, colui che agisce interrogando in profondità il proprio animo, in tutte le circostanze, cosa che peraltro finisce per fargli fare le azioni meno comode, e che finiscono per dare ritmo narrativo alla vicenda raccontata. Una di queste situazioni, avviene quando pur godendo della posizione comoda di sindaco con aura di onestà e correttezza irraggiungibili, corre a denunciarsi in un piccolo paese della Francia, perché un uomo è stato arrestato con l’accusa di essere Jean Valjean.
Il viaggio dell’eroe compiuto dal protagonista de I Miserabili ha tratti romantici che esaltano i valori del tempo in cui egli vive; è un facilitatore di della felicità altrui che applica a sé un severo codice d’animo, il libro sembra indicare solo in questa strada la possibilità di riscatto non soltanto di tutti i forzati, ma di ogni uomo moderno. Dove non si ha più coscienza, si è perduti, e nel libro non mancano – nella folla magistralmente ritratta di delinquenti parigini – esempi in questo senso. Dal punto di vista narrativo, l’eroe è anche colui che permette ai buoni di vincere, alle felicità di realizzarsi, pur essendo soltanto uno che deve ammirare questo farsi. In ciò si condensa il senso romantico della vicenda, il suo crepulorarismo, la virtù tutta positiva di un eroe romantico.
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