Già Cicerone, fra i latini, consigliava la lettura dei classici. A noi, da cittadini della postmodernità, non resta che seguire questo prezioso consiglio, anche perché in letteratura i buoni libri da leggere sono tanti. Un classico, ovviamente, è più che un buon libro: è un testo narrativo che sopporta più letture, anzi ne ha bisogno; e rivela tante possibili interpretazioni quante potrebbero essere le letture che siamo disposti a fare.
I miserabili è forse il Romanzo più famoso di Victor Hugo, e data 1862. Potremmo essere tentati di pensare che, in fondo, trattandosi di un’opera scritta oltre un secolo fa, non abbia così tanto da insegnarci. Come detto, i classici non sono dei libri normali e hanno molto da dire. I miserabili è uno di questi, non fa eccezione. Se si prende quest’opera gigantesca di Hugo – per livello formale, complessità e consistenza, dato che si tratta di un libro di oltre 1300 pagine – e la si analizza, si fanno scoperte su scoperte.
Di alcune, abbiamo già scritto su questo blog. E’ interessante osservare, per esempio, come si dispiegano, sul piano narrativo, le figure del protagonista, Jean Valjean e dell’antagonista, l’ispettore di polizia Javert. In entrambi i casi, ciò che stupisce di Hugo, è il livello di profondità nell’analisi psicologica del personaggio: soprattutto, se pensiamo che l’introspezione e la capacità di analisi del conflitto interiore di un individuo siano aspetti che appartengono alla modernità. Nel caso del forzato Jean Valjean, assistiamo a un percorso di redenzione e cambiamento di un uomo inizialmente perso – viene da una dura esperienza in galera – che comincia un cammino di redenzione, pur forse non avendo bisogno di mutare la sua anima, che il lettore capisce fin dal principio essere buona.
Tra gli aspetti più interessanti dei personaggi de I miserabili, c’è proprio l’evoluzione a cui Hugo li consegna. Marius, Cosette, il nonno, sono forse i casi più emblematici. Marius interpreta anch’egli il ruolo di eroe romantico; la sua “missione” non consiste nel salvataggio della patria ma nel permettere al suo sogno amoroso con Cosette di realizzarsi. Dal canto suo, quest’ultima, dovrà compiere il mutamento da crisalide a farfalla, cioè da bambina a donna; anche in questo caso lo scrittore traccia una netta trasformazione. Il personaggio del nonno, affezionato ai suoi valori politici realisti, imparerà a non considerare più così importante il mondo di fuori, e le rivoluzioni, e ciò che pensa, tanta è l’importanza di risolvere il conflitto di idee con il nipote Marius, che per un periodo sembra fare tutto il contrario di ciò che egli si augura. Sono tutti casi interessantissimi di evoluzione e crescita del personaggio.
L’ambientazione della storia è perlopiù Parigi. Anche in ciò I miserabili sorprende per grandezza di tratteggio e per la capacità di restituire un’immagine realistica e storicamente attendibile di ogni strada, e di ogni portone; non poche sono le escursioni che permettono allo “storico” Victor Hugo di descrivere il passato di un monumento o di un palazzo, o di una strada come del resto aveva già fatto in Notre-Dame de Paris.
Sono meravigliose le incursioni nella storia, a cominciare dalla descrizione pittoresca e terribile della battaglia di Waterloo. In questo senso, l’ambientazione, così come siamo abituata a chiamarla, non si precisa soltanto in una descrizione di luoghi, ma contiene – in special modo in un romanzo storico come quello citato – un efficace ancoraggio a un preciso momento storico, a un’atmosfera, cosa che aiuta i fatti a situarsi meglio, e ad avere anche maggiore presa sul lettore.
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