Cos’è di preciso la teoria dell’iceberg? È possibile che da Scrittori e Autori, non ne abbiate mai sentito parlare. In ambito letterario il primo a definire questa tecnica è stato lo scrittore Ernest Hemingway. La sua espressione per definire la teoria dell’iceberg era: la parte più importante di un testo o di una storia è nascosta.
È esattamente quel che accade se osserviamo un iceberg: a spuntare è solo la parte superficiale, spesso corrispondente a una piccola parte del volume di quel corpo, che mantiene sotto l’acqua la parte più importante. Quali sono le regole per riconoscere l’utilizzo della teoria dell’iceberg? Proviamo a fare un paragone con una narrazione classica e cerchiamo di vedere quali sono le differenze. In altre parole, cerchiamo di rispondere alla domanda: cos’è omesso e nascosto nei testi di Hemingway?
1) Scarsa definizione del quadro storico-temporale. In molti racconti di Hemingway si arriva al rovesciamento della definizione di luogo e tempo stabiliti nel teatro e nella narrativa classica, per esempio di tipo ottocentesco, e nel realismo. Non abbiamo più un ancoraggio alla Storia, le cose ci vengono rappresentate in maniera alquanto frammentaria, esempio ne sono i racconti Colline come Elefanti bianchi o Il vecchio al ponte ma tutta la narrativa di Hemingway rispetta quest’approccio. Questo modo di scrivere detto anche “minimalismo”, Hemingway lo aveva irrobustito con il suo lavoro di giornalista.
2) L’utilizzo della tecnica dello Show don’t tell. E’ una modalità di racconto con la quale l’immagine e la rappresentazione fisica di una situazione s’impongono allo scrittore, che a tutti gli effetti è un cronista. Ne deriva che lo scrittore non è più il demiurgo, colui che crea davanti a noi la realtà, ma un narratore che ne può sapere meno dei suoi personaggi. Si tratta della stessa tecnica adottata dal cinema. Davanti a un’immagine, o a una scena di un film, il regista può soltanto un’interpretazione ma è il fruitore a interpretare la scena stessa, creandone il sottotesto.
3) I personaggi esistono molto più della storia. Deriva dalle scelte precedenti, e richiede un’analisi non banale dei testi di Hemingway. Leggendo le sue storie più famose, vi renderete facilmente conto di come il ritratto e la forza dei suoi personaggi siano ciò che davvero conta, nelle sue storie. I racconti e i romanzi non possono più contare su una visione di insieme, e su un narratore che cuce insieme tutti i fili, prendendo per mano il lettore (es. Manzoni); si ritrovano molto di più nella capacità di raccontare personaggi credibili dettati di conflitto interiore autentico.
4) Il tempo del discorso conta su importanti “omissioni”. Lo scrittore non perde tempo in lezioni lineari, e crea una sorta di gap informativo verso il lettore; non assume quella visione dall’alto tipica del romanziere storico (es. Victor Hugo), e non ci spiega molte cose del funzionamento del suo mondo narrativo, l’approccio agli eventi è sempre incompleto. Prendete per esempio il vecchio e il mare: è una storia estremamente introspettiva, con un punto di vista molto parziale e incompleto sul villaggio dei pescatori, teatro ove si svolge la storia. Che ne è delle informazioni sulla vita del vecchio pescatore, del tempo che viene prima del racconto? È come se lo Scrittore lasciasse degli spazi bianchi nella vicenda, derivanti da potenti ellissi narrative.
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