La fantasia di Balzac era prodigiosa, e lo era altrettanto la sua capacità di descrizione dei luoghi e di calarsi nelle atmosfere. Tutto questo, ha dato vita a personaggi molto intensi. Forse uno dei più riusciti e non a torto uno dei suoi più famosi personaggi è Papà Goriot. Nell’omonimo romanzo, Balzac prende il mito dell’avaro e ribalta completamente la situazione. Papà Goriot è un esempio di avarizia – o dovremo dire estrema parsimonia – unito a una generosità totale verso le due figlie. La sua vita è quella di un modesto commerciante che ha fatto fortuna con la farina, e che investe tutto il suo capitale per sposare bene le proprie figlie. Ancora una volta abbiamo che Balzac descrive con attenzione l’ascesa di un borghese e i tormenti economici di una persona, legati al suo rapporto non semplice con il denaro. Papà Goriot è un vecchio che vive, ignorato da tutti, nella pensione Vauquer; i sospetti sulla sua agiatezza fanno sognare all’arcigna e avara tenutaria della pensione nella quale vive, un matrimonio di comodo. In realtà l’uomo è molto povero, vive in una stanza senza mobilio, e si è privato si qualsiasi agio per poter sostenere lo stile di vita lussuosissimo e dissipato delle proprie figlie. Sarà il mite Rastignac, studente in legge e suo vicino di camera alla pensione Vauquer a scoprire tutto, nel momento in cui inizia a frequentare una di esse.
Tra i diciotto commensali si trovava come nei collegi, come nel mondo, una povera creatura reietta, un capro espiatorio vittima di tutti gli scherzi. All’inizio del secondo anno la sua figura assunse, agli occhi di Eugène de Rastignac, più risalto di tutti quelli con cui era condannato a vivere per altri due anni. Il nostro zimbello era l’ex pastaio, papà Goriot, sulla cui testa un pittore, come uno storico, avrebbe fatto piovere tutta la luce del quadro. (Papà Goriot, Honoré de Balzac)
Il romanzo è sorprendente per suspense e capacità di legare il lettore agli eventi. Balzac ama molto i colpi di scena, e non manca di riservarne parecchi nel corso della storia; come sempre il ritmo della narrazione procede estremamente spedito. Talvolta, il tempo del discorso si fa molto ampio, come all’inizio, dove poche pagine riassumono interi anni della vita di Papà Goriot; in altre pagine, pochi giorni sono descritti con grande abbondanza di pagine – quelle che riguardano la fine del vecchio. Papà Goriot, per alcuni tratti, ricorda il Jean Valjean di Victor Hugo, soprattutto per la sua generosità. Tuttavia, in questo caso, si vuole sottolineare come l’atteggiamento acritico di un individuo finisca per essere controproducente, e si denuncia un amore esagerato, che non trova un’onesta rispondenza nel comportamento delle figlie, benché fra queste esistano delle differenze, che sarà proprio Rastignac a rendere palesi. Soprattutto, in Papà Goriot, questa generosità non è altruismo, perché essa è del tutto indirizzata a creare una situazione di tornaconto per le figure da lui adorate. Il ritratto di Papà Goriot ha una notevole forza drammatica, e in qualche maniera è la fotografia di un amore estremamente puro che non viene ricambiato. Quindi offre grande spazio alla critica sociale, al tratteggio dell’egoismo individuale, tra gli argomenti preferiti di Balzac. C’è sempre, nelle sue storie, il togliere il velo alle situazioni, uno scavare nell’ipocrisia che sta dietro le cose.
Rastignac, amico di Papà Goriot è invece un esempio di personaggio positivo. Non solo perché s’innamora di una delle figlie, quindi è un esempio di eroe romantico guidato dall’amore, ma perché sarà in grado attraverso i suoi racconti e i suoi comportamenti, di agire come “consolatore” dei sentimenti dell’uomo. Come accade a tutti coloro che sono animati da buone intenzioni e si trovano al centro degli intrighi balzachiani, dovrà evitare tranelli e sotterfugi, come per esempio quello ordito da Vautrin, un pensionante che si propone di aiutarlo ma con un piano criminale.
(Nella foto, Chateau de Sache, il museo dedicato a Balzac)
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