Come rendere simpatico il protagonista di una storia

Nel cominciare quest’articolo, è doverosa una precisazione che è anche una specificazione: cosa s’intende per l’appellativo “simpatico”, attribuito al protagonista o al personaggio di una storia?   

È evidente, parliamo sempre del solito aspetto, la capacità da parte di una maschera narrativa, di riflettere conflitti e traumi nei quali un lettore possa identificarsi, e fargli provare empatia . Quest’ultimo sentimento esprime la capacità più o meno spiccata di metterci nei panni altrui, di provare sgomento e partecipazione, e un’altra miriade di stati d’animo verso le vicende di qualcun altro.

Raramente, nei romanzi e nei film abbiamo protagonisti o personaggi principali noiosi, oppure asettici, privi di qualità morali. Queste sono, al massimo, le caratteristiche dell’antagonista.  Chi porta avanti la storia deve avere invece dei lati che ci piacciono, altrimenti abbonderemo facilmente la lettura.  

Tra i personaggi classici più forti della letteratura c’è il Don Chisciotte di Cervantes. Come fa questo hidalgo spagnolo, ridicolo e fuori di senno a piacerci? In fondo, si tratta soltanto di un uomo reso “pazzo” dall’aver letto troppi libri di cavalleria, della cui follia sembra accorgersi lo stesso Sancho, per via dei suoi strambi propositi e delle sue manifestazioni quotidiane. È in grado di scambiare dei mulini per dei giganti, un gregge di pecore per un esercito, un bacile per un prezioso elmo… eppure, ne veniamo conquistati. Come mai?

Ognuno può dare a questa domanda la risposta che preferisce, ma  qualunque lettore avverte presto che nella follia di Don Chisciotte c’è  qualcosa che lo riguarda da vicino. Forse siamo spinti alla pietà, come fa osservare Nabokov:

“Non ridiamo più di lui. Il suo blasone è la pietà, il suo vessillo la bellezza. L’unica cosa che conta è il suo essere gentile, generoso, puro, solitario e valoroso. La parodia è diventata pietra di paragone.” (Vladimir Nabokov)

O forse come scrive Schopenhauer ci rendiamo conto che:

“Allegorizza la vita di ogni uomo che non voglia solo preoccuparsi del proprio benessere personale come gli altri, ma persegua un fine oggettivo, ideale, che si è impadronito del suo pensiero e della sua volontà; per il che poi certo viene guardato in questo mondo come un essere strano.” (Arthur Schopenhauer).

In sostanza ci troviamo di fronte a un personaggio il cui pathos esprime le vette e gli abissi di ogni essere umano, e in questo senso ci troviamo a comprendere la sua follia, e perfino a scusarla. Don Chisciotte ci piace perché sa rivestire di illusione, e di osservazioni personali, qualsiasi avvenimento che agli altri appare fin troppo chiaro.    Così devono essere i personaggi di una storia, ovvero si guadagnano la simpatia, o addirittura l’ammirazione del lettore perché gli stanno parlando di lui, e perché nei tratti psicologico-morali di un’invenzione, può ritrovare molto di se stesso.  

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