Dentro la stanza segreta: mascolinità, segreti e spazi nella narrativa vittoriana

Analizzando The Woman in White di Wilkie Collins, Gero Bauer indaga come i segreti e gli spazi domestici fungano da strumenti narrativi per mettere in crisi le identità maschili e l’autorità patriarcale vittoriana.

Indice:

  1. Il segreto come struttura narrativa e culturale
  2. Patriarchi deboli e donne agenti: ribaltamenti domestici
  3. Lo spazio gotico come specchio della paranoia maschile
  4. L’eredità di un’identità maschile in crisi

1. Il segreto come struttura narrativa e culturale

Nel cuore delle sensation novels – quel genere letterario britannico, breve ma intenso, che a metà Ottocento seppe cogliere l’oscillazione profonda tra rispettabilità esteriore e angosce interiori – pulsa una tensione latente. Una tensione che separa, ma al tempo stesso intreccia, la facciata decorosa della società vittoriana e le sue profondità oscure, segrete, irrivelabili. Come nota Gero Bauer, The Woman in White (1859–60) di Wilkie Collins incarna magistralmente questo conflitto: lo incarna, lo racconta, lo mette in scena attraverso la costruzione narrativa del segreto – un segreto che non è solo espediente narrativo, ma vera e propria architettura culturale (Bauer 2016).

Ma cos’è davvero un segreto? È forse soltanto un tassello da svelare, un mistero da risolvere, un nodo da sciogliere? No – o almeno, non solo. Il segreto, in The Woman in White, non è mai neutro, non è mai semplice. È, piuttosto, la struttura stessa che sostiene l’universo dei personaggi – in particolare quello maschile – e che regola le relazioni di potere nella casa vittoriana. È la chiave e la serratura insieme.

Secondo Bauer, Collins non si limita a disseminare enigmi nella trama – tutt’altro. Egli costruisce un mondo, un intero universo narrativo, “ossessionato dal segreto” (Bauer 2016, 101): un mondo dove ogni gesto è un indizio, ogni parola un messaggio in codice, ogni silenzio una minaccia. Un mondo in cui gli uomini vivono sotto la costante ansia di essere scoperti – scoperti nelle loro fragilità, nelle loro bugie, nelle loro identità precarie. Non temono solo la verità – temono che la verità venga vista, letta, interpretata.

Nasce così quella che Bauer definisce “paranoia interpretativa”: un bisogno spasmodico, quasi maniacale, di leggere il mondo, di leggerlo nel modo giusto, di anticiparne i significati. Di interpretare – e di far sì che nessuno interpreti loro. Di controllare la lettura altrui, prima ancora che la propria. Ma anche questo controllo è instabile, anche questo potere è fragile. Fragile come una finestra socchiusa in una casa di segreti; fragile come una lettera non distrutta, come uno sguardo incrociato nel buio.

E allora – ed ecco il cuore della tensione – cosa succede quando questa ossessione maschile viene violata? Cosa accade quando le donne entrano nel gioco della lettura, della scrittura, della conoscenza? Accade che il segreto – da strumento di dominio – si rovescia in trappola. Accade che la costruzione del maschile – una costruzione tutta basata sulla rimozione, sull’occultamento, sulla performance – si riveli dipendente, paradossalmente, da una verità che non può essere rivelata. Una verità nascosta, una verità tremante, una verità che – se esposta – frantuma tutto.

In breve: The Woman in White non ci parla solo di segreti da scoprire, ma di identità che si reggono su quei segreti. E ci mostra – con inquietante chiarezza – che nel momento in cui il segreto cade, cade con lui l’intero edificio del potere patriarcale.

2. Patriarchi deboli e donne agenti: ribaltamenti domestici

Uno degli aspetti più sorprendenti – e più sovversivi – dell’analisi di Bauer riguarda la rappresentazione della casa vittoriana. Non come rifugio dell’ordine. Non come roccaforte del patriarcato. Ma come il luogo stesso del suo collasso. Sì, perché in The Woman in White, la sontuosa e apparentemente inespugnabile Limmeridge House non è governata da un uomo forte, da un patriarca saldo e rassicurante. No – è Marian Halcombe a esercitare il potere, sorellastra della fragile Laura Fairlie, custode dell’equilibrio domestico, voce razionale in una casa che ha dimenticato il suono della virilità.

Mr. Fairlie – ufficialmente il padrone – è tutto fuorché un uomo di comando. È un’ombra. Un’eco. Una caricatura di mascolinità, chiuso nei suoi salotti oscuri, prigioniero dei suoi nervi fragili, perso nelle sue collezioni. Una figura più decorativa che determinante – e, proprio per questo, tragicamente significativa. Perché se il patriarca è debole, chi prende il suo posto? Chi occupa lo spazio lasciato vuoto?

La risposta è chiara: Marian. Ed è una risposta inquietante per l’ordine vittoriano. Walter Hartright, l’eroe maschile per convenzione, arriva a Limmeridge e non trova un uomo ad accoglierlo – trova lei. È lei che lo guida, che lo istruisce, che lo introduce nel microcosmo familiare. Ed è ancora lei che protegge Laura, decifra trame, ascolta conversazioni rubate, muove – con mano ferma – le pedine invisibili di una scacchiera sociale dove gli uomini sembrano già fuori gioco.

Marian osserva. Marian ascolta. Marian sa. E sapere, in questo romanzo, è potere – un potere che Collins affida, con decisione, alle donne. Le donne conoscono, le donne archiviano, le donne spiano. Gli uomini? Gli uomini tremano. Tremano all’idea che la verità venga fuori, che il loro segreto sia violato – o peggio ancora, letto.

Ed è in questo rovesciamento che The Woman in White opera la sua più radicale sovversione del canone vittoriano: non è l’uomo che governa la casa – è la casa che inghiotte, che consuma, che cancella la sua mascolinità. La casa non protegge più il patriarca: lo smaschera.


3. Lo spazio gotico come specchio della paranoia maschile

Bauer sottolinea come lo spazio fisico nei romanzi sensazionali non sia mai neutro: ogni architettura porta impressa una ideologia. Blackwater Park, residenza del crudele Sir Percival, è lo specchio gotico del suo padrone: fatiscente, ombroso, pieno di angoli nascosti e stanze chiuse. È un luogo di prigionia e segretezza, dove la paranoia prende forma fisica e si moltiplica (Bauer 2016, 109). Collins lo descrive come l’opposto di Limmeridge House, ribaltando la dialettica domestico/estraneo e mostrando come anche la casa possa diventare luogo del terrore.

In questi spazi oscuri, il maschile entra in crisi. Percival, Fosco e perfino il narratore-editor Walter sono tutti personaggi che si muovono tra sospetti e doppiezze, che cercano di leggere e insieme di nascondere. Sir Percival muore prigioniero del suo stesso segreto, chiuso nella chiesa dove aveva falsificato il proprio passato; Fosco, l’uomo apparentemente onnipotente, viene alla fine sconfitto da un sistema segreto (una società politica) ancora più potente del suo.

La casa gotica non è quindi solo una scenografia narrativa, ma un personaggio stesso, portatore di un’ideologia che smaschera la debolezza dei suoi abitanti. I muri, i corridoi, le stanze chiuse incarnano le tensioni tra pubblico e privato, tra verità e apparenza, tra maschile e femminile. La casa si fa teatro della lotta per il potere simbolico, e a uscirne sconfitti sono i padroni, non le “ospiti”.

4. L’eredità di un’identità maschile in crisi

Alla fine del romanzo, mentre i principali personaggi maschili (Percival, Fosco, Mr. Fairlie) soccombono alla paranoia o all’inazione, Walter Hartright emerge come sopravvissuto. Eppure, osserva Bauer, anche la sua vittoria è ambigua. Il suo trionfo dipende dalla collaborazione con Marian, sua pari intellettuale ed etica. Il suo ruolo di “eroe” è possibile solo grazie al sostegno di una donna che pensa, agisce e – simbolicamente – scrive con lui (Bauer 2016, 120). La virilità che Hartright incarna non è quella tradizionale, fatta di forza e dominio, ma una nuova identità in divenire, costruita sulla collaborazione e sull’ascolto.

Collins, quindi, non sostituisce un uomo debole con uno forte, ma immagina una forma di mascolinità alternativa: eterosociale, dialogica, meno ossessionata dal controllo. Tuttavia, il finale conserva una certa ambiguità. Walter eredita Limmeridge House, si sposa con Laura, ha un figlio: la struttura patriarcale sembra rinsaldarsi. Ma la figura di Marian resta centrale, silenziosamente incastonata nella narrazione come garante morale e intellettuale del tutto. È lei, più di Walter, ad aver smascherato le trame, salvato la sorella, denunciato le ipocrisie del sistema.

Così, il romanzo – e l’analisi di Bauer – ci lasciano con una domanda sospesa: è davvero possibile restaurare un ordine patriarcale dopo averne svelato la fragilità strutturale? O il vero segreto che The Woman in White custodisce è che il sistema, già da tempo, è collassato?

Riferimenti bibliografici

Bauer, G. (2016). The Contested Secret Room: Sensation Novels, in Houses, Secrets, and the Closet: Locating Masculinities from the Gothic Novel to Henry James. Transcript Verlag.

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