Grazie all’uso di modelli computazionali, un nuovo studio sul romanzo nigeriano rivela legami nascosti, ribalta la gerarchia dei classici e mostra come alcune autrici e autori abbiano riscritto le fondamenta della tradizione letteraria.
Indice
- Una vecchia idea, una nuova macchina
- Il testo fantasma e la mappa nascosta
- Guerre, traumi e romanzi che risuonano
- Le autrici che hanno cambiato le regole
1. Una vecchia idea, una nuova macchina
Nel 1919, T.S. Eliot avanzava un’intuizione tanto ardita quanto affascinante: ogni nuova opera letteraria, affermava, non si limita ad aggiungersi alla lista di quelle già scritte — ne cambia proprio l’ordine interno, riorganizza le relazioni tra i testi del passato. Un pensiero che ha sedotto generazioni di studiosi, senza che nessuno riuscisse davvero a provarlo. Oggi, però, qualcosa sembra essere cambiato: con l’aiuto di strumenti matematici, alcuni ricercatori stanno provando a osservare questo movimento silenzioso. Tra questi c’è Grant Hamilton, docente di letteratura inglese a Hong Kong, autore di studi sul romanzo africano e direttore della Hong Kong Review of Books. Nel suo lavoro più recente, ha affrontato una sfida coraggiosa: esplorare la letteratura nigeriana del Novecento con l’occhio di un algoritmo — e con il cuore del critico.
2. Il testo fantasma e la mappa nascosta
Immaginiamo una scena impossibile: leggere in un solo istante più di cento romanzi nigeriani del XX secolo, tutti insieme, come se convivessero nella mente. È da questa visione che nasce l’idea del “testo maestro spettrale” — un’entità astratta, quasi un campo letterario invisibile, in cui ogni nuovo romanzo arriva come una pietra nello stagno. Nulla rimane fermo: alcune opere si rafforzano, altre si fanno più deboli. Hamilton e il suo collega hanno costruito un modello matematico per misurare l’impatto di ogni romanzo in questa rete. Con una tecnica chiamata analisi di Procruste, hanno osservato chi altera maggiormente l’equilibrio complessivo. Il risultato? Sconvolgente. Non è Achebe, né Soyinka, a generare la scossa più forte: ma John Munonye, con il suo A Wreath for Maidens del 1973. Un nome spesso considerato minore, il quale ora appare invece come una figura centrale — non solo parte della tradizione, ma forza che la plasma.
3. Guerre, traumi e romanzi che risuonano
Un’altra scoperta sorprendente è emersa da questa lettura algoritmica: l’esistenza di un gruppo di romanzi profondamente legati, non per stile o trama, ma per un’impronta semantica comune. Si tratta di opere che affrontano la Guerra Civile Nigeriana, come Destination Biafra di Buchi Emecheta, Behind the Rising Sun di Mezu, o Just Before Dawn di Omotoso. Questi romanzi, scritti in anni diversi, sembrano condividere un lessico emotivo e strutturale che li avvicina più di quanto una lettura tradizionale potrebbe intuire. Non sono semplici cronache del conflitto: appaiono come tentativi collettivi di raccontare un trauma nazionale, di affrontare — tra dolore e memoria — una ferita che non ha ancora smesso di pulsare. Un critico, forse, avrebbe potuto percepirlo; ma solo l’algoritmo ha avuto la pazienza — e la memoria — per dimostrarlo.
4. Le autrici che hanno cambiato le regole
Se i risultati finora appaiono sorprendenti, quelli che riguardano le scrittrici lo sono ancora di più. Nomi come Flora Nwapa e Buchi Emecheta, spesso trattati come voci aggiuntive a un canone maschile, emergono invece come figure che ne hanno cambiato l’intero impianto. Efuru (1966) e The Moonlight Bride (1980) non offrono solo nuove prospettive: alterano le coordinate stesse del romanzo nigeriano. Dopo di loro, la letteratura appare diversa — meno monolitica, più plurale; meno dominata dal patriarcato narrativo, più capace di ospitare corpi, esperienze, voci dimenticate. È come se le autrici non avessero solo raccontato le donne: avessero imposto al linguaggio di cambiare forma. E questo, oggi, si rivela in tutta la sua potenza grazie allo sguardo disincantato, quasi alieno, della macchina.